Due emigrazioni in 4 generazioni: crisi d’identità?
Nonostante i conflitti scatenati da due viaggi migratori nel corso di quattro generazioni, per me i vantaggi di essere biculturale sono più importanti degli svantaggi.
Netherlands, Western Europe
Story by Shakila Dhauntal. Translated by Stefania Ledda
Published on September 30, 2022.
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Si dà spesso per scontato che la comunità indo-surinamese si sia ben integrata nella società olandese, dato che lavora duro per crearsi una vita dignitosa. Tuttavia, si sa poco dei celati conflitti interni che essa affronta. Non c’è dubbio che due emigrazioni nel corso di quattro generazioni sono destinate a lasciare il segno.
Nel tentativo di uscire, seppure con difficoltà, dalla situazione di povertà in cui versavano, gli indiani si stabilirono nel Suriname tra il 1873 e il 1916, lavorando sotto contratto nei campi di coltivazione.[1] Quando il Suriname ottenne l’indipendenza nel 1975, numerosi discendenti migrarono nei Paesi Bassi a causa dell’instabilità politica.[2] Gli immigrati che si stabilirono nel Suriname e poi nei Paesi Bassi vissero un trauma dopo l’altro: per ben due volte lasciavano indietro le proprie famiglie e avevano difficoltà nell’adattarsi alle nuove comunità. Ciò ha fatto sì che molti non parlassero del proprio passato e delle proprie emozioni.
Sono nata e cresciuta in una famiglia indo-surinamese nei Paesi Bassi. La mia istruzione riflette la mia identità mista: sono stata educata dal sistema scolastico olandese ma ho anche frequentato lezioni di musica, ballo e religione indiana in una scuola elementare indù. Durante il liceo ho iniziato a notare delle differenze tra la cultura olandese e la cultura che avevamo a casa. Ad esempio, se in classe il pensiero critico era sempre incoraggiato, a casa invece i miei genitori non erano sempre capaci di fornire risposte a domande impegnative, visto che gli è stato insegnato ad accettare le cose così come sono. Mentre trascorrevo il tempo nelle case delle famiglie olandesi, notavo delle piccole differenze, come il poter indossare le scarpe dentro casa, ma anche grandi diversità, come il vantaggio che avevano i miei compagni di classe quando usavano la rete di contatti dei loro genitori per trovare un lavoro. Compresi che, in quanto persona proveniente da due culture, si supponeva che io mi adattassi e superassi la situazione: dovevo comportarmi come tutti gli altri nonostante le probabilità non fossero molte.
E’ difficile trovare un equilibrio tra due culture con valori e norme molto diverse. Per esempio, la modestia è un tratto molto apprezzato nella cultura indiana ma è più probabile che venga percepita come inettitudine nella cultura olandese. Ideali talmente differenti mi obbligano a passare continuamente da una cultura all’altra: una cultura olandese dominante caratterizzata da libertà, apertura mentale, individualismo e una subordinata cultura indo-surinamese che si basa su un certo grado di libertà, riservatezza e collettivismo. La tensione tra le due culture e i conseguenti dibattiti sulla conservazione della tradizione, religione e lingua spesso determinano conflitti in cui le generazioni successive sperimentano una pressione immensa all’idea di soddisfare le aspettative delle famiglie. Tale pressione è palesemente riflessa negli alti tassi di suicidio e tentato suicidio, dipendenza e depressione.[3]
Nonostante i conflitti scatenati da due viaggi migratori nel corso di quattro generazioni di una stessa popolazione, per me i vantaggi di essere biculturale sono più importanti degli svantaggi. Posso godermi il fantastico cibo e la musica di tre diverse regioni del mondo, imparare più di una lingua e avere una famiglia all’estero. Tuttavia, ovunque io vada, le risorse più preziose che metto sul piatto sono il sapere interculturale, il rispetto per i valori altrui, l’apertura verso le loro prospettive e la capacità di sapermi destreggiare tra sottili indizi culturali all’interno di ambienti culturali differenti. Grazie a queste abilità, molte persone biculturali, me compresa, fanno da ponti verso altri luoghi e popoli. Però, credo ci sia una lacuna relativa alla consapevolezza nella società olandese poiché gli olandesi provenienti da famiglie monoculturali sono considerati come la norma. I Paesi Bassi hanno una ricca storia di migrazioni e le persone biculturali, o provenienti da più culture, dovrebbero essere accettate nei settori della formazione, del lavoro e così via.
Note a piè di pagina
[1] Il Suriname è un paese nell’America del Sud, situato tra la Guyana e la Guyana francese e confina a sud con il Brasile. E’ stata una colonia dei Paesi Bassi dal 1667 al 1975. Nel 1863 la schiavitù venne abolita nel paese e fino ad allora il lavoro nei campi era stato svolto dagli schiavi africani, ma a causa della scarsità di operai, dopo la fine della schiavitù, i Paesi Bassi iniziarono a impiegare lavoratori provenienti dalle colonie inglesi in India, dalle Indie orientali sotto dominio olandese (in particolare, Java) e dalla Cina. Nel periodo tra il 1873 e il 1916, circa 34.000 indiani si stabilirono nel Suriname e un terzo di questi emigrò in India dopo che il loro contratto di lavoro era scaduto. In termini quantitativi, gli indiani (in olandese detti ‘Hindostanen’) costituiscono il più grande gruppo etnico del Suriname a differenza di altri gruppi quali i creoli, i giavanesi, i cimarroni e i cinesi.
Choenni, C. (2011). Integratie Hindostani stijl : Over de migratie, geschiedenis en diaspora van Hindostanen. Amsterdam: Vrije Universiteit.
[2] A causa della crescente e già esistente tensione tra gruppi etnici al momento dell’indipendenza del Suriname e dell’incertezza riguardo il futuro del paese, molte persone sono emigrate nei Paesi Bassi. Secondo le stime, nel maggio 2020 nei Paesi Bassi vivono circa 355.000 olandesi-surinamesi di prima e seconda generazione (CBS, Statline).
[3] La ricerca dimostra che gli immigrati di etnia indiana hanno un tasso di rischio di suicidio sopra la media rispetto ad altri immigrati non occidentali che vivono nei Paesi Bassi. I risultati indicano che le donne di meno di 35 anni hanno un alto tasso di mortalità, mentre per gli uomini questo tasso è alto sia per coloro che hanno meno di 35 anni sia per chi si trova nella fascia tra i 35 e i 55 anni. In base allo studio, le donne motivano questo gesto per le seguenti ragioni: rigide tradizioni familiari, libertà limitata nei rapporti con gli uomini, norme sociali rigorose che prevedono la minaccia dell’esilio e litigi familiari. Per gli uomini, le ragioni sono: non poter raccontare le proprie emozioni, visto che durante l’infanzia non gli è stato insegnato come gestire la frustrazione, l’incapacità di essere felici e di raggiungere obiettivi ambiziosi quando viene già fatta molta pressione sul fatto di riuscire ad affermarsi. Quest’ultima può risultare in un consumo compulsivo di bevande alcoliche, droghe e aggressività. A differenza delle donne, gli uomini possono godersi la libertà e incontrano meno ostacoli nella realizzazione dei propri sogni.
Garssen, M. J., Hoogenboezem, J., & Kerkhof, A. J. F. M. (2007). Zelfdoding onder Nederlandse Surinamers naar etniciteit. Tijdschrift voor Psychiatrie, 49(6), 373-381.
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